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nordgarden

Due mesi fa, quando alla fine del concerto Terje Nordgarden mi svelò qualche anteprima sul progetto Dieci, lo ammetto, rimasi un po’ sorpreso. Sorpreso per il tipo di operazione (si parla di un disco di cover cantate in italiano da un cantautore norvegese), di sicuro particolare per un personaggio come lui. Rimasi sorpreso anche per l’amore che (ancora) riesce a nutrire nei confronti dell’Italia, paese nel quale ha iniziato da zero una nuova vita poco più di tredici anni fa.  La sorpresa si trasformò in stupore nel sapere della scelta di alcuni dei nomi che ha deciso di reinterpretare (come Grazia Di Michele Claudio Rocchi), affiancandoli a nomi che già potevo immaginare (come Cesare Basile Paolo Benvegnù). Quando gli chiesi il perché di certe scelte, rispose che “il disco è un omaggio all’Italia e a un certo tipo di musica italiana, non solo quella che gravita intorno all’ambiente indie”.

Questo è un lavoro che non lascia nulla al caso, a partire dal titolo: Dieci. Come gli artisti (e i brani) selezionati (vuoi per stima, vuoi per affetto) e come gli anni trascorsi dalla registrazione di “Terje Nordgarden”, il primo album, prodotto da Paolo Benvegnù. Lo stesso Benvegnù compare anche tra i musicisti (assolo assoluto), in compagnia di Cesare Basile (chitarre, ukulele e dulcimer) e Massimo Ferrarotto (batteria), per citarne solo alcuni. Il disco sarà in vendita dal 22 novembre (GDN Records/Audioglobe), con la produzione artistica divisa a metà tra lo stesso Nordgarden e Cesare Basile. Dieci canzoni arrangiate e reinterpretate in una chiave del tutto personale, che si avvicina alle atmosfere anglosassoni e statunitensi, le stesse con le quali Nordgarden si è fatto le ossa per poi farsi conoscere in questi dieci anni. Canzoni alla Wilco (come “L’invasore”, di Andrea Franchi dei Benvegnù) – per dirla con parole del comunicato stampa – oppure canzoni alla Damien Rice (come “Non è la California”, di Iacampo) – per dirla con le parole del mio amico Nicola. O ancora – per usare le parole dello stesso Nordgarden – “un suono alla Neil Young, dove i brani non sono stati stravolti ma rivisitati in una chiave molto personale, di certo più vicina alle improvvisazioni di Neil Young con i Crazy Horse”. E se “La mia rivoluzione” non convince del tutto (ho in mente la meravigliosa versione dal vivo registrata da Marco Parente e dalla Millennium Bugs’ Orchestra diretta da Mirko Guerrini ne “L’attuale jungla”), le altre versioni riescono nel difficile compito di reggere il confronto con l’originale e, anzi, spesso di risultare ancora più belle. Come “Cerchi nell’acqua” (di Paolo Benvegnù) che diventa un’elegante ballata finto blues, oppure “Le canzoni dei cani” (di Cesare Basile) o ancora “Miele” (di Paolo Mei & il Circo d’Ombre) e l’iniziale “Non è la California” (di Marco Iacampo).

Nordgarden, in queste dieci canzoni, cambia spesso registro, facendo forza su quello che poteva essere un punto debole: l’accento. Non vi resta altro che ascoltare questo inedito Nordgarden, uno dei tanti piccoli cantautori che le radio libere non passano e che da dieci anni fa del suo meglio per rendere più bella la musica in Italia.

(Pubblicato su Shiver)