L’arte della guerra, nonostante sia stato diviso in due volumi distinti, costituisce un vero e proprio concept album.
Anche questo secondo volume, uscito a un anno di distanza dalprimo, è stato realizzato grazie alla piattaforma MusicRaiser e, proprio come il volume uno, si compone di otto brani che continuano il filo del discorso lasciato in sospeso, passando da una visione intimista a una più ampia, seguendo l’ispirazione nata dopo la lettura dell’omonimo libro di Sun Tzu. Continua a leggere →
Dietro l’acronimo Ö.F. si nasconde (ma nemmeno tanto velatamente) Oliviero Farneti, musicista veronese che in molti avranno già avuto modo di conoscere nei progetti Fake P, Spagetti Bolonnaise, MiceCars o Lava Lava Love, per citare solo i quattro più famosi. Dopo il lavoro pubblicato quasi dieci anni con lo pseudonimo di El Senor Ciuf Ciuf, Farneti, grazie alla neo nata etichetta The Black Lodge, è uscito a fine dicembre con Aroma Morango, il primo disco solista, scaricabile gratuitamente dalla piattaforma Bandcamp (qua).
L’idea di quest’album nasce da lontano, da brani che (per motivi diversi) non sono riusciti a finire nei dischi di una delle band già citate (come “A Laughable Self Defense” o “Panopticon”, quest’ultimo suonato varie volte dal vivo coi Lava Lava Love). Così, maturato il momento, Farneti ha aggiunto nuove canzoni e chiamato Giuditta Matteucci a realizzare i video dei tre brani che aprono l’album (“Attila”, “A Laughable Self Defense” e “Panopticon”), affidandole anche l’artwork del cd.
Il risultato di “Aroma Morango” è quello che per Farneti rappresenta fare musica: un pop leggero (e breve, si tratta di poco più di venti minuti) accompagnato da farfisa, theremin, moog, rhodes, synth circolari e mandolini. Questo pop cavalca suoni che attraversano la psichedelia e l’elettronica (arrivando anche a lambire bossa nova e surf), quasi ispirato ai Flaming Lips, senza tralasciare la propria esperienza indie.
Un disco forse non indispensabile ma che si lascia ascoltare, seppur distrattamente. Alla fine, mi chiedo, non è questa oggi la cosa più difficile?
Iuvenes Doom Sumus, il nuovo disco firmato Jümp The Shark, il sestetto nato sei anni fa su iniziativa del polistrumentista veneziano Piero Bittolo Bon è stato finanziato grazie a una campagna di crowdfunding realizzata sulla piattaforma Produzioni dal Basso. Come i due precedenti, anche questo è stato pubblicato per conto dell’etichetta El Gallo Rojo Records. L’album si contraddistingue per la continua interazione dei musicisti; creano dieci composizioni free jazz – a metà strada tra la sperimentazione e l’avanguardia – dotate di un piglio ironico e di un’ispirazione che dona alle tracce un sound deciso. Dietro al progetto Jümp The Shark, oltre a Piero Bittolo Bon (sax, clarinetto e flauto), ci sono altri ottimi musicisti come Gerhard Gschlössl (trombone e susafono), Pasquale Mirra (vibrafono), Domenico Caliri (chitarre), Danilo Gallo (contrabbasso) e Federico Scettri (batteria). È un album acido e fuori dagli schemi, che richiama il sound di Ornette e di Henry Threadgill, pieno di contrappunti sonori, di continui cambi di direzione e di una vivacità non comune, come nel brano “Completata! Fase Uno!”. Come nell’album precedente, la copertina è realizzata dal fumettista Dottor Pira. L’album si chiude con le risate del sestetto, che lasciano trasparire il divertimento che ha accompagnato i musicisti nella registrazione dell’album.
I Love Freak (distribuzione Self), il nuovo progetto firmato dagli Altera, è al contempo un omaggio alla poetica surreale di Roberto Freak Antoni e, in un certo senso, il suo testamento musicale, visto che compare in ben cinque tracce. Realizzato – come sempre più spesso capita in questi ultimi anni – grazie alla piattaforma MusicRaiser e con la collaborazione del Meeting delle Etichette Indipendenti, l’album ospita infatti l’ultimo brano registrato in studio dall’artista bolognese (“Par-lamento“), scomparso poco più di un anno fa, e diversi suoi testi messi in musica.
Probabilmente, quando era ancora bambino, anche al piccolo Cesare devono aver regalato una chitarra “giocattolo” con innestato l’arancio selvatico con la mollica, corde di lenza e chiavi di fatica, così come capita al personaggio di Araziu Stranu. Questa, insieme ai consigli di un nonno vissuto a cavallo delle due guerre (“imbastisci racconti se non vuoi un padrone / fatti rivolo, facciata e mare”), devono averlo spinto a diventare un artista e a scrivere questo brano che apre Tu prenditi l’amore che vuoi e non chiederlo più, uscito Lunedì su cd (Urtovox con la distribuzione di Audioglobe) e atteso nel mese di aprile su vinile (La Fionda /Overdrive).
Ascoltavo 12-11-1994, la seconda traccia del nuovo album dei ManzOni quando, con una veloce ricerca in rete, mi è tornato in mente un sabato della mia adolescenza. In quel periodo ero innamorato perso della mia migliore amica che, da poco, si era lasciata con un tipo che faceva pugilato.
Ricordo che quel giorno si svolse la prima grande manifestazione contro il Governo Berlusconi; a Roma si riunirono pacificamente un milione e mezzo di persone con le bandiere rosse (“la grande piazza diventa bella, come una rosa rossa appena sbocciata”, dice il testo).
Pubblicato mercoledì 4 febbraio il nuovo album di Lorenzo Urciullo, in arte Colapesce, è stato anticipato nei mesi precedenti da due singoli-non singoli (“Maledetti italiani” a novembre e “L’altra guancia”a gennaio). Egomostro, che segue a tre anni di distanza Un meraviglioso declino (vincitore del Premio Tenco 2012), è un album che ruota sul cantautore siciliano e i suoi rapporti personali ma può anche considerarsi un lavoro da leggere a vari livelli, in base alla sensibilità e all’attenzione di chi ascolta. È, potenzialmente, un disco rivoluzionario, poetico, intimista, romantico, astratto o solamente il solito prodotto del sottobosco indie.
La prima volta che ho condiviso su Facebook il videoLacrime di androide, il brano di apertura del nuovo disco dei Santo Barbaro, l’ho fatto citando una frase ripetuta in modo ossessivo nel brano: “Non ho mai amato e me ne guardo bene”. È una frase che, ad ascoltarla bene, può ricordare il modo di cantare di Giovanni Lindo Ferretti e dei suoi C.C.C.P. (o dei suoi C.S.I.; sempre da quelle parti ci si ritrova).
E, con molta sorpresa, la mia ex, che non ha mai dato cenni di vita sul mio profilo negli ultimi sei anni, ha subito messo un mi piace. Però, ho pensato, questa dev’essere la dimostrazione che Geografia di un corpo è un album che chiunque può apprezzare, anche una persona dai gusti totalmente diversi dai tuoi.
Le cose vanno usate, le persone vanno amate puòesseredefinito un album per immagini, dal sapore acustico, intimo e immaginifico. La voce e la chitarra di Andrea Arnoldi restano sempre in primo piano e si fanno accompagnare dagli archi, dalle percussioni e dai fiati (ma anche dagli utensili da cucina), in una cura (quasi) maniacale per i suoni e per gli arrangiamenti.
Quando mi è stato chiesto di quale album avrei scritto per esordire su Expedit contro Kallax, ho pensato rapidamente alle uscite discografiche (italiane) degli ultimi due mesi e ho scelto subito i Ronin (Tannen Records / Santeria). Per chi non ne ha mai sentito parlare, si tratta di un progetto di Bruno Dorella (qui alla chitarra), conosciuto soprattutto per essere il batterista dei Bachi da Pietra e degli OvO: tre band diverse con tre stili nettamente diversi. Li ho scelti perché si tratta di un disco (quasi) interamente strumentale, che ha per protagonista la musica, un album che ha la forza di viaggiare senza il sostegno delle parole e che dà all’ascoltatore la possibilità di diventarne parte attiva. Continua a leggere →