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Il Magnetofono è un progetto ambizioso e ben riuscito di musica d’autore in grado di portare indietro nel tempo, al periodo in cui i dischi venivano incisi perché fossero ascoltati per settimane intere. Nato come trio per eseguire un repertorio piuttosto vasto degli anni sessanta che va da Fred Buscaglione Lucio Dalla, da Nicola Arigliano Luigi Tenco (per approdare alla fine alle atmosfere di David Bowie), il progetto ha avuto una naturale e graduale trasformazione. Dopo aver trovato l’affiatamento dal vivo, infatti, i tre componenti hanno deciso di fare un ulteriore passo in avanti, iniziando a comporre canzoni per conto proprio. La voce di Alan Bedin, il contrabbasso di Marco Penzo e il pianoforte di Emanuele Gardin, tutti e tre vicentini, hanno trovato un equilibrio che sembrava difficile e che alla fine si è rivelato vincente per il loro genere.

Il disco è stato registrato presso l’Art Music Studio di Bassano del Grappa da Diego Piotto, che risulta anche come produttore artistico. Le undici canzoni del disco cercano l’ispirazione proprio in quegli anni sessanta in cui muovevano i primi passi Luigi Tenco e Lucio Dalla (ai quali è dedicata “Mondo di uomini”, rivisitazione di “It’s A Man’s Worlds” di James Brown), puntando sulla voce scenica del cantante e distaccandosi da quel mondo per attraversare il jazz (“Baby doll”), la parodia (“La ballata di nostro Signore”), il sogno felliniano (“La dichiarazione del Mago”) e il teatro (“Non ho finito”). Si respira aria di altri tempi in questo lavoro, l’aria di un decadentismo contemporaneo che gioca a fare perno su atmosfere retrò, su una voce che può permettersi qualunque cosa e su testi fumosi che parlano d’amore e di pazzia, di amarezze e di malesseri, di uomini e di donne, descrivendo quello che ci circonda e che attraversa i pensieri con un linguaggio del tutto personale. Il disco è stato registrato in presa diretta, senza le classiche post produzioni, e comprende diversi ospiti che hanno aderito e creduto nel progetto come Vincenzo Vasi (Vinicio Capossela, al theremin in “Tip! Tap!”), Roberto Freak Antoni (Skiantos, ne “La dichiarazione del Mago”)  e Pierpaolo Capovilla (Il Teatro degli orrori, in “Non ho finito”), oltre a una ballerina di tip tap (Christine Gasser), una macchina da caffè espresso e una bottonatrice/rivettatrice. I disegni che accompagnano (e completano) l’intera grafica del libretto sono opera di Osvaldo Casanova.

Il Magnetofono non è di certo un disco facile, da un ascolto e via. Ha bisogno di decantare, come succede a certi vini rossi dal lungo invecchiamento. Il retrogusto, una volta assaggiato, sa di spontaneità e di musica d’autore, di futurismo e di illusioni, di suggestioni oniriche e di romanticismo d’altri tempi. E, cosa favolosa, non sa di tappo.

(Pubblicato su Shiver)