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anema e core, dadamatto, fuori dal mucchio, manuele fusaroli, mucchio selvaggio, musica, recensione
Chi dopo “Il derubato che sorride” (uscito tre anni fa) si aspettava una conferma, non rimarrà di certo deluso dal nuovo disco dei Dadamatto. Anticipato poco prima dell’estate da un EP senza titolo composto da cinque brani, “Anema e core” uscirà ufficialmente il 4 novembre, con la produzione di Manuele “Max Stirner” Fusaroli (Il Teatro degli Orrori, Bugo, Nobraino).
Il trio, attivo dal 2003, è la dimostrazione di come Senigallia non sia solo la patria di Renato Sellani o di Fabri Fibra (e di suo fratello Nesli). Anzi, con il tempo, correrà il (piacevole) rischio di passare alla storia proprio come la città dei Dadamatto. Ancora sperimentali, in un incrocio che si discosta un po’ dal lavoro precedente, da quel viaggio che partiva dal Bugo westernato per arrivare all’aristocrazia degli Altro.
Con “Anema e core”, si sfiora il punk e la canzone d’autore, attraversando tutto quello che passa nel mezzo, cavalcando un rock energico e carico di originalità. Nelle nove canzoni del disco i testi non passano in secondo piano ma si fanno notare. Come nel caso di “Abbiam finito per perdere” o de “Il cantico delle creature”. Si tocca l’attualità, parlando dell’imperatore e di un fantomatico ponte su Messina (“Scilla e Cariddi”) e di tempi maturi per cambiare le cose (“lo ucciderò io il sistema / one solution, revolution” in “William Shakespeare”).
Pur essendo questi tempi precari, i Dadamatto possono diventare una delle poche certezze che ancora ci resta. Perché, come dicono loro, “tutto è possibile se si vive una volta sola”. Anche ritrovarsi, ascoltando il loro disco, con un sorriso, dall’anema al core.
Tracklist:
01. Anema e core
02. William Shakespeare
03. Abbiam finito per perdere
04. Stanca puttana
05. Scilla e Cariddi
06. Il cantico delle creature
07. Semaforo rosso
08. Il netturbino
09. Canzone in 3D
(Pubblicato su Fuori dal Mucchio)