Diario di un caregiver su Mind

Qualche mese fa Marco Cattaneo, il direttore di Mind, mi ha chiesto se avevo voglia di scrivere una storia a puntate in cui racconto di Lucia, delle nostre difficoltà, degli ostacoli, della burocrazia e dei paradossi che affronta chi assiste un malato di demenza. Raccontare la mia storia e, allo stesso tempo, raccontare un percorso che riguarda tutti i caregiver.

Il perché di questo Diario di un caregiver Marco l’ha spiegato molto meglio di me nell’editoriale di questo mese che potete leggere cliccando qui. Tutto questo per dire che vi aspetta in edicola il numero di Mind di gennaio, in cui potrete iniziare a leggere in ordine cronologico le (dis)avventure di Lucia.

 

Ma un giorno disse vado in città

Milano, 1957

S: Sebastiano, mio padre
N: Nicola, nonno di Sebastiano
C: Signora Confalonieri
M: Io

La prima volta che Sebastiano, mio padre, è arrivato a Milano aveva da poco compiuto diciotto anni: era il 1957. Proprio come in quel film con Totò e Peppino, aveva con sé una valigia legata con lo spago e i soldi nascosti dentro ai calzini. Glieli diede suo nonno Nicola il giorno prima di partire.
N: «Hai tempo cinquantamila lire», gli disse. «Se non riesci a trovare un lavoro, quando finiscono te ne torni qui al paese e mi dai una mano a lavorare la terra.»
Mio padre aveva in tasca un indirizzo per un colloquio di lavoro e, nonostante le sue speranze, non aveva alcuna idea di quello che sarebbe successo da quel momento in avanti. L’unica cosa certa è che al paese non ci voleva tornare per nulla al mondo. Soprattutto, sapeva che non voleva ritornare indietro per mettersi a lavorare la terra insieme a suo nonno e sua madre.
Quando scese dal treno, arrivato in Via Gustavo Fara, proprio dietro la stazione, trovò solamente una distesa di prati. Quella della metà degli anni ’50 era una Milano in piena evoluzione. Nel giro di quattro anni, la  città avrebbe cambiato completamente forma: palazzi su palazzi, Ina-Case e il quartiere Gallaratese, che in origine era stato pensato come a una “città satellite”. Continua a leggere

Caregiver Whisper a spasso

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Dopo l’intervista con Dario per Redattore Sociale, Caregiver Whisper è stato rilanciato un po’ ovunque (e ovunque, tra l’altro, hanno sbagliato il mio cognome).

La maggior parte delle volte si tratta di un “semplice” copia e incolla (come in SuperAbile Inail o Globalist) o di un adattamento (come su Noi Educatori).

Mi piace citare l’articolo di Non Sprecare che inserisce anche due foto di Lucia. Ringrazio tutti: è necessario parlare di alzheimer e della situazione di noi caregiver, abbandonati al nostro destino e senza alcun diritto. Anche se di sicuro non basta farlo solo un giorno o un mese all’anno.

Intervista su Redattore Sociale

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Qualche giorno fa, tra i messaggi ricevuti, ho trovato quello di Dario Paladini: “da tempo leggo la sua esperienza di caregiver e vorrei intervistarla”. La cosa mi ha fatto sorridere perché, tranne qualche rara eccezione, sono sempre stato io a vestire i panni del giornalista (una volta ho anche quasi fatto incazzare Francesco Bianconi dei Baustelle, ma questa è un’altra storia). Così ho pensato che, come con mia madre, anche qui si sono ribaltati i ruoli: da intervistatore a intervistato.
Ci siamo fatti una bella chiacchierata (Dario è bravo e simpatico) e il risultato lo potete leggere su Redattore Sociale.
Ancora un ringraziamento a Dario che, parlando della storia mia e di Lucia, ha dato un po’ di visibilità anche a tutte quelle persone che restano nell’ombra.

Caregiver Whisper su Pascal, Rai Radio2

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Tra una settimana Caregiver Whisper compie sei mesi. In questo periodo ho pensato di chiudere la rubrica in due occasioni: la prima, quando mi sembrava che “alleggerire” nella scrittura i deliri che accompagnano la convivenza con un malato di demenza fosse una causa persa; la seconda, quando per il peggioramento delle condizioni di mia madre e del mio burnout, continuare a tenere la rubrica era diventato molto faticoso. Continua a leggere

Corriere della Sera

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Sul Corriere della Sera è stata pubblicata una mia considerazione su quanto possa essere utile dare un servizio a un paziente fragile per poi toglierlo. Credo, da sempre, che sarebbe molto più semplice formare (e informare) i caregiver. L’infermiera dell’Ast mi ha detto che si tratta di una cosa utopica. Chissà se ha letto che in Giappone, l’unica nazione al mondo con una percentuale di malati più alta dell’Italia, stanno formando otto milioni di caregiver entro il 2019.

Caregiver Whisper

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Lo scorso anno, durante una visita di controllo con la neurologa di mia madre, per caso saltò fuori che avevo iniziato a scrivere dei racconti brevi in cui parlavo delle malattie dei miei genitori. A me servivano per fissare i loro ricordi e prendere le distanze da una situazione difficile: gestire da solo la malattia di due genitori.
Lei mi invitò a non tenerli chiusi in un cassetto, a pubblicarli da qualche parte. Ci ho messo più di un anno per convincermi.
Tutto questo per dire che da oggi inizia una rubrica su Poetarum Silva in cui racconterò alcuni episodi di questi ultimi due anni. Il titolo, parafrasando una canzone di George Michael al tempo degli Wham!, è Caregiver Whisper.
Nella rubrica racconto piccole storie di vita nella malattia, tra difficoltà, tenerezza e ironia.

Il primo racconto si può leggere cliccando sulla foto qui sotto.

 

caregiver01

Gattili, catalogo ragionato

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Lampi di Stampa ha pubblicato Gattili – Catalogo ragionato e antologia di un editore (quasi) inesistente. All’interno, una piccola raccolta dei contributi pubblicati da Antonio Pellegrino tra poeti, scrittori, editori, librai e curatori di collane. All’interno, anche un mio contributo, dedicato ad Alessandro Bono. L’antologia è acquistabile nelle librerie e online.

Che fine ho fatto?

trexuno

Oramai è già passato un anno dal mio mancato rientro in Sicilia. Ero tornato a Milano per passare le feste con i miei genitori, rivedere gli amici di sempre e sbrigare qualche noiosa incombenza burocratica. Invece, alla fine, ho deciso di restare a vivere a Milano.

È stata una scelta improvvisa e viscerale, meditata poco e metabolizzata col tempo. È che quando ti trovi faccia a faccia con un imprevisto che disorienta, un fuori programma che guasta i piani, si hanno due possibilità: proseguire impassibili per la propria strada (magari inventandoci una propria verità), oppure abbracciare il fato/karma, la vita, e compiere un atto di fiducia. Io ho scelto di rimanere a Milano e prendermi cura dei miei genitori.

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