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Si chiama “Endless Tapes” il risultato della collaborazione tra Alessandro “Petrol” Pedretti (batterista dei Giuradei) e Colin Edwin (bassista dei Porcupine Tree e di altri progetti come Ex-Wise Heads e Random Noise Generator). Il duo, nato grazie alle potenzialità della rete, ha già realizzato un Ep di quattro brani tra casa di Alessandro e la cantina di Colin. FuoriAsse ha contattato Petrol per parlare di questo particolare progetto e del nuovo lavoro che uscirà a breve.
Suoni la batteria e hai numerosi progetti all’attivo: penso ai Sique & Petrol, ai Giuradei e alla Premiata Elettronautica Bresciana. Quand’è che hai scoperto di voler fare il musicista?
Scoprire è davvero il verbo giusto! Ho scoperto di voler suonare la batteria una mattina come le altre in cui dovevo essere a scuola. Ricordo che quel giorno qualcosa mi spinse a stare in casa, a fermarmi un attimo per pensare a quello che stavo facendo. Avevo quindici anni e la mia vita era un casino; l’adolescenza, con le tante debolezze e gli interrogativi, sommata a una situazione familiare disastrata e a una malattia che ha remato contro di me per molti anni, ha preparato il terreno della mia ricrescita.
È stato in questo momento che hai scelto la batteria?
Sì, ho subito capito che era il mio strumento. Ammiravo tanti musicisti che per me erano idoli, ma non sono mai stato un patito dei cliché, o che ne so, del batterista più veloce o dell’esser spietato nello studiare tanto per essere il migliore. Oggi come allora, vivo e vedo lo studio della batteria come uno strumento per entrare in relazione con me stesso e con le parti nascoste degli altri. E in questo sono spietato, non mi do pace! Sono molto interessato alle relazioni e la batteria è il miglior strumento per confrontarsi con esse. Diciamo che è un grande veicolo d’amore. Il concetto di ripetizione, gli incastri poliritmici, la tensione, il rilassamento e l’indipendenza sono concetti che attraverso la batteria vivo come training per poi affrontare la vita di tutti i giorni. Con la batteria ho scoperto che affidarsi a forze sconosciute, talvolta, è un gesto di fede che ripaga ampiamente.
Com’è nato l’incontro tra te e Colin Edwin?
Io e Colin ci siamo conosciuti per caso in un giorno in cui sentivo che dovevo scrivergli e lui sentiva che doveva ricevere una mail. Se fosse capitato anche solo un’ora dopo, probabilmente non saremmo qui a parlarne.
Seppur a distanza, quanto avete lavorato sui pezzi?
Alcuni brani sono nati da mie idee abbozzate con batterie programmate, chitarre, suoni campionati, tastiere e tanti altri “veicoli del suono”. Da quando ho iniziato a suonare, Endless Tapes è l’unico progetto di cui ho fatto parte in cui non si è mai discusso se una nota fosse giusta o sbagliata, se il tempo fosse meglio di un altro ipotetico tempo, se l’armonia o la struttura fossero da cambiare. Semplicemente abbiamo agito in serenità, ognuno sull’idea dell’altro, qualunque fosse, prendendoci il tempo necessario. Si parte da lì, da un abbozzo, e lo si sviluppa secondo l’ispirazione del momento. C’è stato un brano sul quale ho lavorato per cinque giorni di seguito, ma continuava a non funzionare. Così ho preso la bicicletta e sono uscito a fare un giro; ed ecco che la lampadina si è accesa. Sono tornato a casa e ho registrato il risultato finale. In definitiva non abbiamo un metodo se non un attento ascolto dell’altro. E questo, per ogni coppia che si rispetti, è la base per crescere insieme.
Come è nata la scelta del nome di questo progetto?
Il nome l’abbiamo scelto a Basilea, durante le riprese del video di un nuovo brano che comparirà sul disco. In quel momento non avevamo ancora un nome e abbiamo scelto Endless Tapes perché ci sembrava rendesse molto bene l’idea della nostra musica.
Il risultato è un suono minimalista che ha molti “elementi circolari”; vuoi spiegare meglio a chi non vi conosce ancora?
Dire minimalista al giorno d’oggi può essere fuorviante, visto che è un termine spesso associato alla musica moderna berlinese; il mio concetto di minimalismo è ben altro. Per quel che riguarda la tessitura ritmica degli strumenti armonici (chitarre e tastiere), viene dalla scuola dei compositori minimalisti americani, come Steve Reich o Philipp Glass. Endless Tapes aggiunge a questo una granitica base ritmica, di concezione rock. Gli elementi circolari che si trovano in Endless Tapes sono costituiti da piccoli pattern che armonicamente e ritmicamente si interseca no tra di loro creando delle strutture indefinite, terreno base per sviluppare nuove idee su di esse.
Il progetto è stato anticipato da un ep di quattro brani pubblicato lo scorso anno e distribuito da Burning Shed. Il disco uscirà a breve, o sbaglio?
L’ep è uscito con il missaggio di Domenico Vigliotti che, oltre a essere un ottimo fonico, è anche un grande amico; ha fatto un lavoro superbo al Taverna studio dei fratelli Giuradei. Il disco, invece, è già pronto e masterizzato, anche se non abbiamo ancora deciso la data di uscita. Abbiamo anche in serbo un videoclip promozionale molto particolare creato dall’artista Danilo DiPrizio.
Avete suonato dal vivo in alcune date; com’è andata e com’è stata l’accoglienza del pubblico per questo progetto?
L’esperienza Live di Endless Tapes ci ha dato tante conferme; imprigionare le idee su disco è una vetrina magnifica di quello che un artista crea nella sua bottega ma, allo stesso tempo, è dal vivo che si libera la musica più pura. Nei live hanno suonato con noi due musicisti straordinari come Nicola Panteghini e Corrado Saija. Hanno aiutato Endless Tapes a ricreare le trame dei brani registrati senza snaturarne l’originalità, dando un tocco in più grazie alla sensibilità, al gusto e alla tecnica che li contraddistingue. Credo molto alla singolarità di ogni musicista e non a caso ho scelto loro. Marco Berardi ha curato l’aspetto tecnico del suono, che veniva accompagnato per l’intera durata dello spettacolo, dai visual di Danilo DiPrizio. Diciamo che i concerti hanno superato le nostre aspettative, soprattutto considerando che sono stati organizzati senza l’ausilio di agenzie o terzi. E mi ha spiazzato la curiosità della gente davanti a qualcosa di nuovo.
Ho visto il video di “Punto di vista differente”. Com’è nata l’idea di far realizzare il video da Petulia Mattioli?
Petulia è una conoscente di Colin e ha già fatto dei video per un altro dei suoi progetti. L’abbiamo contattata per realizzare il video di Punto di vista differente e lei è riuscita a cogliere gli input del brano.
Altri progetti futuri?
Domanda difficile. È un periodo molto intenso; con i Giuradei ci stiamo preparando a un’estate di tour. Invece, tra aprile e maggio farò dei concerti con Sique&Petrol, con una nuova formazione e brani ri-arrangiati e nel frattempo metterò in scena dal vivo le musiche del documentario “Il Vortice Fuori” con il fido Corrado Saija. In parallelo si pensa di pianificare i prossimi eventi Endless Tapes. E poi, chi lo sa, mi posso aspettare di tutto. E non spaventatevi se un giorno mi troverete su una mongolfiera, in California, a fare uno spettacolo di body percussion insieme ad una splendida fanciulla con un sorriso da favola!
(Pubblicato su Fuori Asse 11)