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L’attesa è sempre la parte che procura più danni. In quell’attimo di sospensione, prima che tutto si possa rivelare, si passa dall’estasi all’inferno. Si riesce a pensare di tutto, in un verso o nell’altro, senza mai un attimo di tregua. Il lungomare a quest’ora è quasi sempre vuoto; è troppo tardi per correre sulla spiaggia ed è ancora troppo presto per andare a farsi un bagno. Le barche sono ferme una in fila all’altra e, uscendo dal mare, hanno ormai tracciato un solco tra le pietre. I pescatori, distanti pochi passi, piegano le reti con gesti meccanici, sperando riescano a riempirle. La mia è un’attesa diversa, fatta di parole e di gesti che non tornano. E intanto mi immagino salire su una di quelle barche, per stare fermo in mezzo al mare ad osservarmi. Nell’attesa.
(Pubblicato su Poetarum Silva)