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Venerdì 25 ottobre, a inaugurare gli interventi musicali del LABirinti Festival è intervenuto il cantautore torinese Gianluca Conte, in arte Mezzafemmina. Imbracciando la sua chitarra, ha suonato alcune canzoni tratte dal nuovo ep “Non esistono più i giovani di una volta” (SunnyBit) e dal primo album uscito nel 2011 (“Storie a bassa audience”, ControRecords). Ci siamo sentiti via mail per parlare un po’ dell’ultimo lavoro e dei nuovi progetti che lo vedranno protagonista.
Il 10 ottobre è uscito “Non esistono più i giovani di una volta”, un ep di quattro brani realizzato con la produzione artistica di Giorgio Baldi (chitarrista e già produttore di Max Gazzè), che compare anche come autore (in “Da quando ci sei tu” e “364 giorni di oblio”). Com’è avvenuto il vostro incontro e com’è nata la collaborazione?
Ero intenzionato a cambiare un po’ aria e mettermi alla prova, andando a registrare lontano da casa, in un contesto del tutto nuovo e con collaboratori che non conoscevo. Tra le varie opzioni che avevo in testa ho pensato che Giorgio Baldi potesse corrispondere al profilo di produttore che cercavo, da quanto avevo sentito nei suoi primi lavori con Max Gazzè e con il cantautore livornese Luca Faggella. Così il mio fido manager-consigliere Gene Urciuoli l’ha contattato, facendogli ascoltare il mio primo lavoro. Lui l’ha trovato interessante e così abbiamo deciso di intraprendere questa collaborazione.
Scelta azzeccata.
Sì, a posteriori posso certamente affermare che la scelta è stata azzeccata e non era del tutto scontato. In fin dei conti non ci conoscevamo nemmeno così bene; avremmo potuto scoprire di non andare d’accordo oppure io avrei potuto capire, strada facendo, di non essere all’altezza di lavorare con una persona della sua esperienza e professionalità. Invece, per fortuna, è andato tutto a meraviglia.
Anche se in qualche brano si parla di giovani, il titolo di questo lavoro non compare in nessuna canzone; perché questa scelta? È il titolo o la strofa di un brano che farà parte del prossimo disco?
Effettivamente il titolo è stato preso da una frase di una canzone non presente nell’EP ma che sarà presente nel disco. È stata una scelta presa quasi per caso. Se vai a vedere, nella mia carriera musicale ho spesso utilizzato titoli di dischi non presenti nelle canzoni o titoli di canzoni con frasi non presenti nel testo (per esempio “Insanity show” o lo stesso titolo del primo disco, “Storie a bassa audience”). Tra le varie opzioni che mi ero posto per il titolo, questa espressione è quella che mi convinceva di più, anche perché nelle canzoni dell’Ep torna spesso il concetto di gioventù.
E a proposito del nuovo disco, so che uscirà il prossimo anno. Cosa ci dobbiamo aspettare?
Il disco uscirà a inizio del 2014 e le canzoni che fanno parte di questo Ep entreranno anche nella scaletta del disco. Per il resto continuerà il filo conduttore già presente, in maniera accennata, in questo ep, vale a dire la molteplicità di episodi, sia da un punto di vista sonoro e di arrangiamenti che dal punto di vista degli argomenti. Credo, se vuoi anche presuntuosamente, che non ci sia nessuna canzone uguale all’altra e ognuno sicuramente si può affezionare più ad alcune che ad altre. E’ un obiettivo che ho sempre perseguito e che ho sempre ricercato anche nei miei ascolti. Mi piace l’idea di creare diverse atmosfere, diverse ritmiche e anche diversi argomenti.
La tua è una scrittura che tratta di temi sociali, che in un certo senso racconta l’aspetto psicologico di alcuni personaggi. Per questo, un po’ mi ha sorpreso trovare nell’ep una canzone d’amore; com’è nata?
In parte ho già risposto nella domanda precedente. Credo che un autore di canzoni, per essere poter considerato completo, debba saper parlare di tutto. Io dico sempre che come in una serata con un amico si può parlare di amore, di politica, di sport o di psicologia, nelle canzoni mi aspetto che un autore faccia lo stesso. Francamente non capisco chi si focalizza sempre sui soliti argomenti.
Ho letto sul tuo blog che in origine “364 giorni di oblio” era un pezzo alla Zen Circus (band del circuito rock alternativo italiano, ndr). Ce ne vuoi parlare?
È un pezzo che abbiamo firmato insieme io e Giorgio Baldi. Ci tenevo particolarmente, perché lo ritengo un testo molto difficile da rendere in modo musicalmente accessibile. Ne feci una prima versione che, non saprei spiegare il perché, effettivamente ricordava un po’ qualche pezzo dei Zen Circus. Non la sentivo completamente mia e, difatti, Giorgio me la bocciò. Così mi rimisi al lavoro per trovare qualcosa di più originale. Un giorno mi venne in mente un giro punk e immediatamente mi sembrò la soluzione giusta. Anche Giorgio fu d’accordo e da quel momento andammo spediti fino alla versione che tutti hanno potuto ascoltare in rete.
“L’Italia non è” fa una panoramica impietosa, e purtroppo reale, dell’Italia. Penso al caso Welby (che citi), agli stranieri e agli insegnanti, alle donne, agli artisti e agli stagisti. Cos’è e com’è oggi l’Italia, secondo te?
Ahimè nello scrivere questa canzone c’era il rischio di sembrare qualunquista e superficiale. Invece purtroppo i fatti di ogni giorno continuano a darmi ragione. Continuano a succedere quotidianamente cose che sono al di fuori di ogni logica. Mi sembra ormai un paese svuotato e facilmente incline alla noia o a un divertimento superficiale e disperato.
Oltre al disco, ci sono altri progetti in ballo? Per dirne una, i video della serie “Never say no to Mezzafemmina” avranno un seguito?
Per ora la serie di “Never say no to Mezzafemmina” è conclusa, per quanto si sia trattata di un’esperienza davvero divertente e proficua. Non so se ci potrebbe essere un seguito; con i grandi ideatori della serie, Andrea Silvestro, Francesco Ghisi e Claudia Conte, non abbiamo pensato per ora ad una continuazione della serie, ma non si sa mai. Per quanto riguarda altri progetti in ballo, presto mi vedrete esordire come attore nella web series “Untold”, in cui collaboro anche alla parte musicale, e spero di cominciare a porre qualche mattone al mio obiettivo di scrivere un romanzo, che ho in testa da tempo, ma che non ho ancora avuto la costanza (o il coraggio) di portare avanti.
(Pubblicato su Fuori Asse)