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Ho pensato molto a quale disco recensire per questo numero di Fuori Asse e alla fine ho preso una decisione alquanto bizzarra; invece di parlare di una delle ultime uscite discografiche, come il bellissimo disco dei Virginiana Miller o quello dei Saluti da Saturno, scrivo di un lavoro che è uscito esattamente un anno fa. Questo perché l’album è bello e forse non ha avuto la giusta attenzione.
L’idea l’ho avuta mentre stavo scrivendo il pezzo per la rubrica “Suonava l’anno”; parlando de “La vita, amico, è l’arte dell’incontro” mi è tornata in mente la frase che anticipa i ringraziamenti di “Giverny”, che in qualche modo cita le parole di Vinicius de Moraes: “Se la vita è l’arte dell’incontro, questo disco è nato da incontri felici, di anime e di note”.
Giverny è un paese della Normandia, dove Claude Monet si rifugiò durante la seconda guerra mondiale. Lì, sentendosi al sicuro, iniziò a dipingere i fiori e gli specchi d’acqua che gli facevano compagnia, ritrovando quella bellezza che si era persa al di fuori del suo giardino.
Da circa un anno, come già anticipato, il nome di questo posto è anche il titolo di un disco (e di una canzone) nel quale il jazz e il pop dialogano in perfetta armonia, in cui i dodici brani incisi trattano temi diffusi come l’amore (“Dove mi perdo”) o il tempo (“Passando”) e altri meno battuti come un’avventura in una balera (“Passo a due”) o l’alzheimer (“Laura”), che utilizza una raffinata delicatezza.
A realizzarlo è stata Grazia Di Michele in collaborazione con il pianista Paolo Di Sabatino e il suo Trio jazz (con Marco Siniscalco al contrabbasso e Glauco Di Sabatino alla batteria); Giverny è uno di quegli album che lega le musiche con testi nati da visioni quasi poetiche. Come dimostra bene il singolo “Pettini e pettinini”, ispirato a una poesia del greco Ghiannis Ritsos, dove la realtà di una vita ordinaria diventa nemica dell’amore, trovandosi a percorrere quella linea di confine, in certi casi labile, tra la poesia e la musica. Tra gli ospiti il famoso percussionista Giovanni Imparato (Orchestra Italiana) e l’Orchestra Sinfonica Abruzzese dell’Aquila.
Il disco, prodotto da Rai Eri e distribuito da Edel Italy, è un lavoro raffinato che vale la pena ascoltare, che lascia addosso una sensazione di spensierata tranquillità, e che fa pensare alla bellezza di certi giardini, quella stessa bellezza che certe persone si portano dentro e che altre sono capaci di trasformare in musica o in quadri.
(Pubblicato su Fuori Asse)