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(2013)

Il terzo disco dei Saluti da Saturno, intitolato Dancing Polonia, esce oggi 2 settembre per l’etichetta Goodfellas e conferma quanto di buono è già stato dimostrato in “Parlare con Anna” (2010) e in “Valdazze” (2012). Il progetto di Mirco Mariani continua a restare sospeso tra la canzone d’autore e le atmosfere anni settanta, con accenni di free jazz e con l’utilizzo, nei testi, di immagini molto cinematografiche. A differenza dei primi due dischi non compare il suono dell’Optigan, strumento conosciuto in quasi tutti i pianobar, ma le canzoni nascono – nella loro struttura – da un pianoforte, togliendo quell’aria (a tratti) scherzosa, che andava a contraddistinguere alcune atmosfere.

Si respira molto cinema, da Aki Kaurismäki (“Un giorno nuovo” e “Le Luci della sera”) a Giorgio Diritti (“Ombra”) passando per Hiner Saleem (“La mia vita”), che contribuisce a conferire al progetto un’aria molto internazionale, forse poco adatto alla maggior parte del pubblico italiano, tendenzialmente statico e poco incline alla curiosità. Anche in Dancing Polonia le voci di Bruno Orioli e di Roberto Greggi si alternano a quella di Mirco (molto più presente rispetto ai lavori precedenti), quasi a dimostrare che l’elemento più importante dell’intero disco (e di tutto il progetto) è la canzone in sé. Come quelle che Mirco ha scritto, anche in quest’occasione, per sua moglie Anna: “Sete” e “Anniversario”. Nel disco ci sono diversi ospiti; da Arto Lindsay (presente in “Un giorno nuovo” e in “Cloro”) a Paolo Benvegnù (in “Le luci della sera”), da Alessandro “Asso” Stefana (in “La vita mia”) Vincenzo Vasi (che compare in quattro pezzi) Taketo Gohara (che ha missato “Ombra”). La direzione artistica del disco è stata condivisa dallo stesso Mirco Mariani e da Massimo Simonini. Le tredici canzoni dell’album trasmettono serenità, grazie anche a testi che lasciano ampio spazio all’immaginazione, che fanno della semplicità e dell’immediatezza l’arma migliore (“ti cercherò tra tante case ti troverò come una rondine sotto al tuo tetto mi fermerò” da “Sete”). Frammenti di vita e di sogni si fondono e si confondono, restando legati fra loro da un sottile filo di malinconia.

Ci vorrebbero più dischi come questo nel panorama musicale italiano, dischi in cui la ricerca (non solo strumentale) è in grado di aprire prospettive diverse; con la  speranza che Mirco non sia presto un altro cervello in fuga, magari in viaggio a passi di danza proprio verso la Polonia.

(Pubblicato su Shiver)