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Se fosse vivo, oggi, René Magritte come disegnerebbe Gli amanti?
Come nelle due versioni del dipinto, sempre con un lenzuolo sulla testa intenti in un bacio o uno accanto all’altro, oppure come Admira e Bosko a Sarajevo, abbracciati e mano nella mano a terra, colpiti da un cecchino dei primi anni novanta?
Ad ascoltare il secondo disco del partenopeo Roberto Giordi, intitolato appunto Gli amanti di Magritte, viene da pensare che li avrebbe dipinti divisi tra l’amore e la guerra, le due tematiche dell’album, le stesse che hanno conosciuto i due amanti della ex Jugoslavia, musulmana lei e serbo lui.
Dopo la buona prova d’esordio di Con il mio nome, Giordi pubblica per l’etichetta MareMosso un disco che continua il percorso tracciato con il primo lavoro e che si arricchisce di collaborazioni di tutto rilievo. Dai testi del fidato Alessandro Hellmann, alle musiche di Fabrizio Gatti e del catanese Rosario Di Bella (La via del deserto, C’era un prato e La musica è finita), dal missaggio di Gigi De Rienzo (produttore di Irene Grandi e bassista di Pino Daniele) al duetto con Ziad Trabelsi dell’Orchestra di Piazza Vittorio.
Il disco è una discesa a tutto tondo nei sentimenti della vita quotidiana, tra le rovine di un ipermercato e la gente chiusa in bolle d’aria (Baciami adesso), dove il cielo è per chi vola via (Tu appartieni a me).
La cover Era d’estate (di Sergio Endrigo) divide il lavoro in due parti, come si diceva prima, passando da racconti d’amore a racconti dal sapore di guerra. C’è spazio anche per un frammento di Tacito, musicato dallo stesso Giordi.
Gli amanti di Magritte è un disco ricercato nel quale si può trovare molto mondo arabo. La tracklist, Habibi jesce sole (una via di mezzo tra la canzone d’autore e la tradizione araba) e La via del deserto, cantata insieme a Yasemine Sannino, sono i valori aggiunti di un bel disco. Che si chiude con la versione strumentale de Gli amanti di Magritte, suonata dal jazzista Natalio Mangalavite.
E che mi fa pensare a quei due corpi stesi al sole per otto lunghi giorni sul ponte Vrbanja, per metà ancora caldi d’amore e per metà ancora divisi dalla guerra.
(Pubblicato su Poetarum Silva)