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Dal paese delle meraviglie (Dolcenera nel paese delle meraviglie è il titolo del precedente album uscito nel 2009) a L’evoluzione della specie, il passo è stato breve. Forse troppo breve, verrebbe da dire ascoltando il nuovo disco di Dolcenera, al secolo Emanuela Trane.

La cantante salentina dimostra di essere in vena di cambiamenti: dal look allo stile musicale, dalla casa discografica agli strumenti suonati. Tutto cambia per restare esattamente com’era. Passata dalla Sony alla Emi, Dolcenera ha prodotto cinque canzoni in proprio e le altre sette insieme a Roberto Vernetti (componente degli Aeroplanitaliani e produttore negli anni ’90 di artisti del calibro di Pacifico, Ustmamò e Angela Baraldi).

Delle undici canzoni dell’album (dodici se si acquista su iTunes), il brano più orecchiabile risulta proprio il singolo scelto per promuovere il nuovo lavoro, Il sole di domenica, scritto insieme ad Alessandro “Finaz” Finazzo, chitarrista della Bandabardò (e in passato anche di Andrea Chimenti). Il resto del disco odora di già sentito. Un esempio su tutti è Nel regime delle belle apparenze, dove non basta citare Roberto Vecchioni e i Pretenders degli anni ’80 per dare credibilità al brano.

C’è poi La preghiera di Virginia, scritta con uno dei figli di Mogol, che – almeno nelle intenzioni – vuol essere un omaggio a Fabrizio De André, ma che all’ascolto lascia quantomeno perplessi. Ambiziosi i temi affrontati (almeno superficialmente) nel disco: la crisi della società, un futuro che spaventa e la conseguente voglia di vincere la paura, la precarietà del vivere e il desiderio (diciamo l’obbligo) di rimettersi in gioco, oltre al rapporto (sempre complesso) tra uomo e donna. Sembra quasi che Dolcenera si senta investita del ruolo di paladina dell’impegno (sociale), entrando nel personaggio a tal punto da intonare “Vorrei smettere di cantare ma non posso” (da I colori dell’arcobaleno).

Nel disco, nato ispirandosi al gioco “The Beatles Rockband”, la stessa artista dichiara di aver suonato minimoog e sintetizzatori, il solito pianoforte e il Theremin (di cui, però, si fatica a trovare traccia nei brani).

L’evoluzione della specie contrariamente alle intenzioni, è un disco destinato a essere dimenticato in fretta, eppure, a dispetto della mancanza di originalità e spessore di questo lavoro, totalmente nuovo per quello che era il sound abituale dell’artista, c’è un dubbio che si insinua.

E se Dolcenera ci stesse prendendo tutti in giro? E se dietro al nuovo lavoro ci fosse una sottile ironia che lega tutto? Dolcenera ha dimostrato di avere dimestichezza con i giochi virtuali, tanto da farci venire il sospetto che l’intero album sia stato realizzato con generatori automatici, di musiche e di testi. Musiche create e inserite in un computer per essere abbinati a testi sconclusionati e a volte assemblati in modo (apparentemente) del tutto casuale.

Sarebbe davvero l’evoluzione della specie. Perché evolversi non vuol dire necessariamente diventare migliori. È un adattarsi alla realtà, per istinto di sopravvivenza. E se la realtà è qualcosa di mediocre, ci si evolve realizzando qualcosa di mediocre. Se davvero fosse così, Dolcenera sarebbe avanti anni luce…

Tracklist:
01. Il sole di domenica 
02. Evoluzione della specie “uomo”
03. Viva
04. L’amore è un gioco
05. Nel regime delle belle apparenze
06. A un passo dalla felicità
07. Nel cuore e nella mente
08. Il tempo di pretendere
09. La preghiera di Virginia
10. I colori dell’arcobaleno
11. Dagli occhi di una donna
12. Come un’aquila (iTunes bonus track)

(Pubblicato su PopOn)