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Solo chi ha qualcosa da dire, non soltanto a livello musicale, può permettersi il lusso di riunire nello stesso disco nomi come Cesare Basile, Roberto Dell’Era, Enrico Gabrielli, Rodrigo D’Erasmo e Arto Lindsey (per citare solo i più famosi). Micol Martinez, 32enne milanese già attrice in alcuni videoclip (Negrita, La Crus, Fabrizio Coppola) e nel film “Tagliare le parti in grigio” di Vittorio Rifranti, l’ha fatto con il suo esordio discografico Copenhagen.
Uscito agli inizi del 2010, l’album è composto soltanto da nove canzoni, quante ne bastano a segnare il territorio. Un territorio che passa attraverso il folk e il rock, che si lascia accompagnare tra chitarre e banjo. Un territorio tutto da esplorare, con la meraviglia che può accompagnare le scoperte. L’album si apre “senza la spina dorsale” dell’uomo diCopenaghen, oscura ballata rock che dà il titolo al disco, per poi continuare con gli iniziali echi arabeggianti di Mercanti di parole, due canzoni che danno già una chiara direzione all’album.
Continuando si arriva a toccare Il cielo, canzone che nel testo riporta alcune rime della poesia “Anche questa mattina mi sono svegliato” di Nazim Hikmet e che rimanda alla mente un altro felice esordio, Tregua di Cristina Donà. Tra i temi trattati trova spazio anche quello controverso dell’eutanasia, raccontata dal punto di vista di chi è malato in Testamento biologico, canzone nella quale si può ritrovare (anche) la storia di Eluana Englaro, con una sensibilità che è mancata a molti esponenti della politica italiana.
I testi delle canzoni sono tutti scritti dalla Martinez che si è avvalsa della collaborazione musicale di Francesco Fraticelli per Il cielo e di Cesare Basile per Mercanti di parole, Testamento biologico e L’ultima notte. Lo stesso Basile è stato inoltre produttore artistico dell’album insieme a Luca Recchia. Dopo aver aperto in passato concerti di artisti come Max Gazzè e la già citata Cristina Donà e dopo aver lavorato come Dj in alcuni tra i più famosi locali milanesi (La Casa 139 e il Goganga, per citarne solo due), Micol Martinez ha iniziato a camminare con le proprie canzoni.
Un cammino che non sarà facile, specie con un pubblico spesso abituato a perdersi il bello delle cose. Di sicuro ci si trova davanti a un disco non immediato, forse anche poco “femminile”. Un disco che odora di vino di ciliegi e di fiori. Un disco che, di sicuro, già al primo ascolto è capace di regalare Stupore.
Tracklist:
01. Copenhagen
02. Mercanti di parole
03. Il vino dei ciliegi
04. Stupore
05. Il cielo
06. A guado
07. Testamento biologico
08. L’ultima notte
09. Donna dei fiori
(Pubblicato su PopOn)