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È l’album che non ti aspetti, arrivato in un momento in cui non avresti mai pensato alla sua uscita, specie dopo il singolo “sanremese” firmato Mariposa.
E invece, proprio dopo dieci anni di percorso con i Mariposa, dopo gli Amore e il recente progetto Betti Barsantini insieme a Marco Parente, dopo le collaborazioni nei dischi di Andrea Chimenti e Paolo Benvegnù, Alessandro Fiori esce con il suo primo disco da solista.
Con una compagnia di lavoro di tutto rispetto. Basta pensare a Enrico Gabrielli (Afterhours, Mariposa, Capossela), Alessandro “Asso” Stefana (Marco Parente, Capossela) e allo stesso Marco Parente (per chi ancora non lo sapesse, batterista in studio nei primi due dischi dei Csi, oltre che raffinato cantautore).
In tutto undici brani, tra il non-sense e la canzone d’autore, pubblicati in doppio formato: cd digipack e vinile gatefold a doppia anta. Undici canzoni musicalmente distanti dalle precedenti esperienze, che lo avvicinano a certi artisti degli anni sessanta/settanta quali Piero Ciampi e Sergio Endrigo, ma che non trovano similitudini nel panorama attuale.
Alessandro Fiori, oltre a scrivere canzoni, dipinge, scrive poesie e racconti e ha lavorato anche come insegnante di teatro nelle scuole elementari del Mugello. E in questo disco, tutte queste esperienze e tutto ciò che ha influenzato il suo percorso artistico, sono presenti in maniera piuttosto netta. Dalla pittura di Francis Bacon alla prosa diRaymond Carver, dal Lucio Dalla degli anni settanta a Enzo Jannacci.
La malinconia delle musiche si sposa benissimo con i testi, sospesi tra il poetico e l’ironico, tra l’impegno e la leggerezza. Sempre alla ricerca di una musicalità che vada oltre l’uso del significato della parola. “Labbra fredde”(omaggio a Ivan Graziani) e “Fuori piove” sono gli esempi migliori. E si fa comunque fatica a scegliere la canzone più bella del disco; ci si trova davanti undici pezzi che, ascolto dopo ascolto, regalano sempre qualcosa di nuovo.
Si affronta la solitudine e la ricerca di quello che non c’è in “Senza le dita” e diventa un tormentone il borderò nel finale di “Due cowboy per un parcheggio” (nella quale si possono trovare richiami a Paolo Conte senza supporto jazz), così come diventa quasi una filastrocca il testo di “Trenino a cherosene” (”…quante pene, quante pene…”), che rimanda alle atmosfere del primo Jorma Kaukonen solista.
Viene da dire che è un disco che parla di perdenti, di disagio. Ma alla fine è un disco che vince, nei testi e nelle musiche. Ascoltarlo, è quasi un dovere morale. Perchè “Attento a me stesso” potrebbe risultare il disco più bello dell’anno.
Prima di chiudere, mi sembra doveroso citare tutti i musici nel disco: Alessandro Fiori (voce, pianoforte, violino), Alessandro “Asso” Stefana (chitarre, basso), Marco Parente (batteria), Zeno De Rossi (batteria), Danilo Gallo (contrabbasso) e Enrico Gabrielli (fiati, vibrafono).
Tracklist:
01. Idrocarburi
02. Catino blu
03. Fiaba contemporanea
04. Lungomare
05. La vasca
06. Fuori piove
07. 2 cowboy per un parcheggio
08. Senza le dita
09. Labbra fredde
10. Lucyfer wash
11. Trenino a cherosene
(Pubblicato su Bravo!)